Con la sentenza n. 702/2021, pronunciandosi su una vertenza sorta in vigenza di una normativa oramai superata a causa delle varie riforme che hanno interessato il Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. n. 380/2001), ma segnando dei principi tuttora validi, la seconda Sezione del Consiglio di Stato ritorna sul problema dell’agibilità.
In particolare, i giudici hanno affermato che questa non si fonda solamente sul rispetto delle prescrizioni in materia di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico degli edifici e degli impianti, come sostenuto da altra parte della giurisprudenza e della dottrina. Infatti, nella fattispecie in esame, è stata ritenuta necessaria anche la conformità del fabbricato realizzato al progetto presentato dal privato e approvato dalla P.A., tanto in termini strutturali (sagoma e volumetria), quanto in termini di destinazione d’uso. Ciò deriverebbe dal fatto che tra il permesso di costruire e la condizione di agibilità sarebbe da intravedersi un collegamento funzionale, tale per cui non si potrebbe ritenere agibile un immobile abusivo o difforme dal titolo edilizio.
Quanto ai poteri di attivazione della Pubblica Amministrazione nel caso di insussistenza delle condizioni prescritte, i giudici hanno chiarito due ulteriori aspetti, differenziando le situazioni in base alla normativa vigente. Nel caso delle disposizioni anteriori al D.Lgs. n. 222/2016, che ha modificato in TUE introducendo il meccanismo di ottenimento mediante SCIA, è stato affermato che l’agibilità non può ritenersi acquisita mediante silenzio assenso: è stato esclusa, infatti, la configurabilità di questo esito positivo per il privato proprio in ragione della mancanza dei presupposti di regolarità che avrebbero permesso l’adozione del provvedimento espresso da parte della P.A. D’altronde, a voler seguire la tesi contraria, si giungerebbe all’inaccettabile conclusione per cui il silenzio dell’Amministrazione farebbe raggiungere una condizione altrimenti non ottenibile, con evidenti incongruenze dal punto di vista della legittimità.
Quanto, invece, alla normativa vigente oggi, il Consiglio di Stato ha confermato il potere della parte pubblica di adottare un provvedimento di inagibilità ex art. 26 TUE, anche nel caso – in linea con la normativa attualmente in vigore – in cui l’agibilità sia già stata certificata mediante SCIA. In ossequio al sistema posto dalla legge sul procedimento amministrativo (l. n. 241/1990), la competenza per quanto concerne detto atto è stata ritenuta propria del dirigente o, in caso di sua mancanza, del responsabile dell’Ufficio comunale adibito alla materia edilizia.