La Cassazione si sofferma, nella sentenza qui commentata, ad esaminare la possibile rilevanza “penalistica” della c.d. “sanatoria giurisprudenziale” o “impropria”, che consiste nel riconoscimento della legittimità di opere originariamente abusive che, solo dopo la loro realizzazione, siano diveute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica.
La vicenda processuale trae origine dalla ordinanza con cui il Tribunale aveva rigettato l’incidente di esecuzione proposto da una donna, condannata, con sentenza irrevocabile, per abusi edilizi, finalizzato ad ottenere la revoca dell’ingiunzione demolitoria.
Avverso il suddetto provvedimento l’istante proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che il manufatto investito dall’ordine di demolizione era stato oggetto di domanda di concessione in sanatoria inoltrata ai sensi della L. n. 724 del 1994 e non ancora definita dal Comune, senza che nessun fondamento rivestisse la previsione del suo rigetto ad opera del GE. Evidenziava al riguardo che la delibera della Giunta Comunale prodotta aveva dato un indirizzo specifico in ordine alla variante del piano regolatore in relazione all’area di ubicazione dell’immobile, onde non poteva ritenersene la natura sommaria con cui era stata qualificata dal provvedimento in esame, essendo al contrario logicamente prevedibile che proprio in forza della suddetta delibera la domanda sarebbe stata accolta.
La Cassazione, nel disattendere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra.