T.R.G.A. Trento, 7 marzo 2023, n. 30
SCIA E BUONA FEDE 

La decisione in commento esprime principi di particolare interesse e di indubbio impatto applicativo: procedendo nel proprio iter motivazionale dalla qualificazione della SCIA come dichiarazione di volontà del privato, la sentenza fa applicazione dei criteri ermeneutici civilistici anche in tale ambito, valorizzando soprattutto la centralità della buona fede quale parametro regolatore dei rapporti fra cittadino e Pubblica Amministrazione.

La S.C.I.A. non si configura come un’istanza di parte per l’avvio di un procedimento amministrativo, bensì come una dichiarazione di volontà privata, con la quale l’interessato segnala all’Amministrazione l’intenzione di intraprendere una determinata attività ammessa direttamente dalla legge. Pertanto, nell’interpretazione di una S.C.I.A. trovano applicazione, oltre al criterio letterale, anche gli altri criteri ermeneutici previsti dal codice civile, ivi compreso quello dell’interpretazione secondo buona fede. Depone in questa direzione anche l’art. 1, comma 2-bis, L. n. 241/1990; disposizione che non si presta ad essere interpretata nel senso che l’obbligo di agire secondo buona fede incombe soltanto sull’amministrazione.

Pertanto, anche nel rapporto tra segnalante e amministrazione, titolare del potere di controllo sulla segnalazione, deve trovare applicazione il generale principio di buona fede e correttezza.

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