Con la sentenza in commento, la Corte Costituzionale torna ad affrontare il tema della bonifica dei siti e delle aree contaminate dai rifiuti, sostanzialmente rimanendo all’interno della propria stessa giurisprudenza, della quale ne riafferma qui i principi (cfr. sent. n. 189/2019).
In altre parole, con questa pronuncia, la Corte ha dichiarato incostituzionale l’art. 5 della legge regionale Lombardia n. 30/2006, nella parte in cui la Regione aveva attribuito «alle amministrazioni comunali le funzioni amministrative, in materia di bonifica dei siti inquinati» che il Codice dell’ambiente (artt. 198 e 242 del d.lgs. n. 152 del 2006), invece, espressamente attribuisce alle Regioni, e per contrasto con l’art. 117, co. 2, lett. s) Cost. per il quale la materia ambientale rientra tra le materia di competenza esclusiva dello stato.
Nel pronunciarsi in tal modo, la Consulta fa proprie le tesi proposte dai ricorrenti e recepite nell’ordinanza di rimessione del giudice a quo. In tale procedimento innanzi al TAR Lombardia (Brescia), infatti, i ricorrenti impugnavano la determinazione del responsabile dell’Area Dei servizi tecnici e gestione del territorio con cui il Comune, a conclusione di conferenza dei servizi decisoria di cui al Titolo V Cod. ambiente, aveva imposto all’impresa ricorrente la rimozione dei rifiuti interrati e la bonifica del sito contaminato in cui aveva svolto attività di fusione della ghisa per la produzione di componenti per radiatori.
Per la Corte, a differenza di quanto sostenuto dall’Avvocatura dello Stato, la questione era rilevante e non manifestamente infondata nel merito.
Sulla rilevanza della questione nel giudizio principale, la Corte afferma, infatti, che «[…] dal tenore letterale della determinazione gravata emerge in modo inequivoco che il Comune non si era limitato ad adottare un mero ordine di rimozione dei rifiuti abbandonati, atto di competenza del sindaco, ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. 152 del 2006, ma aveva imposto ai ricorrenti una vera e propria bonifica dell’area inquinata, comprensiva dell’obbligo di predisporre, ai sensi dell’art. 242, co. 4 dello stesso codice dell’ambiente, una successiva analisi del rischio».
Inoltre, per il giudice costituzionale, nel merito, con la legge in questione, vi è stata violazione della competenza legislativa statale di cui all’art. 117, co. 2, lett. s) anche in combinato disposto con l’art. 118 Cost.
Infatti, la potestà legislativa esclusiva posta dalla Costituzione esprime ineludibili esigenze di protezione di un bene, quale l’ambiente, che sarebbero vanificate ove si attribuisse alla regione «la facoltà di rimetterne indiscriminatamente la cura ad un ente territoriale di dimensioni minori in deroga alla valutazione di adeguatezza compiuta dal legislatore statale con l’individuazione del livello regionale».
Ancora, afferma la Corte che «nel disegno del legislatore statale contenuto nel codice dell’ambiente si riserva alla regione la funzione amministrativa nella materia della bonifica dei siti inquinati, materia per costante, risalente giurisprudenza costituzionale ricompresa in quella dell’ambiente e quindi riservata alla competenza esclusiva dello Stato». I comuni hanno solo un compito “ancillare” di esprimere il proprio parere in ordine all’approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle regioni (art. 198, co. 4, cod. ambiente).
Tutto, dunque, rimane al momento immutato nella materia della bonifica per la quale l’avv. Pierfrancesco Zen è spesso chiamato in veste di consulente.