Cassazione Penale, Sez. III, 23 gennaio 2020, n. 2695.
Mutamento di destinazione d’uso da commerciale a residenziale. 

Limiti, compatibilità e complementarietà con lo strumento urbanistico.

La modifica di destinazione d’uso, prevista dalla L. n. 106 del 2011, art. 5 (con la quale è stato convertito in legge, con modificazioni il D.L. 13 maggio 2011, n. 70), non è sempre consentita, senza limitazioni, in presenza del requisito di cui al comma 9, lett. c) - che ritiene ammissibili le modifiche di destinazione d’uso, purché si tratti di destinazioni tra loro compatibili o complementari – non potendo richiamarsi a conferma di tale assunto quanto stabilito dalla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 271 (laddove è stabilito che “le previsioni e le agevolazioni previste dal D.L. 13 maggio 2011, 70, art. 5, commi 9 e 14, convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 706, si interpretano nel senso che le agevolazioni incentivanti previste in detta norma prevalgono sulle normative di piano regolatore generale, anche relative a piani particolareggiati o attuativi, fermi i limiti di cui al citato D.L. n. 70 del 2011, art. 5, comma 11, secondo periodo”), atteso che tale ultima disposizione va applicata considerando la natura di norma di favore eccezionale (essendo diretta a regolare in termini diversi un minor numero di ipotesi rispetto a quelle ordinarie) dell’art. 5 e tenendo conto del fatto che essa non è comunque suscettibile di applicazioni oltre gli scopi cui è preordinata, con la conseguenza che essa non può prevalere sulle regole che fissano standard o criteri inderogabili, tra cui il D.M. n. 1444 del 1968, imponendo altresì il rispetto delle altre discipline richiamate.

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