Il giudizio ha preso avvio a seguito dell’impugnazione da parte di un musicista, lavoratore dipendente dell'importante Orchestra di Padova e del Veneto, della sanzione disciplinare di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione dopo la sua partecipazione ad una manifestazione, o meglio, ad un flash mob, nel novembre scorso, eseguendo, per pochi minuti (poco più di tredici), una serie di brani senza mascherina, in violazione di disposizioni emergenziali di carattere sanitario e ciò nonostante la sera stessa dovesse esibirsi con l’orchestra.
Il musicista, ricorrente, conveniva in giudizio l’orchestra, in qualità di proprio datore di lavoro, la quale si costituiva nei termini di legge e svolgeva le proprie difese.
Il lavoratore riteneva che la sospensione comminata fosse illegittima per i seguenti motivi:
1) nullità della contestazione disciplinare per incompetenza – carenza di potere – difetto assoluto di attribuzioni – del vicedirettore, nonché per difetto di istruttoria. Secondo la sua difesa, infatti, il provvedimento di sospensione era stato erroneamente sottoscritto dal vicepresidente dall’orchestra, il quale però non ne aveva il potere, spettante invece al direttore amministrativo in base all’art. 14 dello Statuto;
2) la sanzione aveva natura ritorsiva ed era basata su fatti insussistenti, presentava un palese difetto di istruttoria e motivazione e non era proporzionata; il ricorrente rivendicava, inoltre, la libertà di scegliere come impiegare il proprio tempo libero. Evidenziava però di essersi successivamente sottoposto a tutti i controlli del caso prima e dopo il flash mob con appositi tamponi e che nessuno dell’orchestra era stato contagiato;
3) non proporzionalità della sanzione irrogata, poiché l’eventuale illecito disciplinare sarebbe stato comunque di lieve entità e, quindi, non tale da giustificare la sanzione della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione;
4) infine, il ricorrente sosteneva che la sanzione disciplinare fosse nulla a causa della mancata affissione del codice disciplinare nei locali di lavoro.
Il giudice ha accolto il ricorso ritenendo fondato il primo motivo di impugnazione sulla base del citato art. 14 dello statuto dell’orchestra: il provvedimento sanzionatorio, infatti, doveva essere sottoscritto dal direttore amministrativo e non dal vicepresidente, come invece avvenuto nel caso di specie, trattandosi di atto presupposto e necessario prima dell’irrogazione di qualsiasi sanzione disciplinare.
Nonostante il carattere preliminare ed assorbente del primo motivo di impugnazione, necessario e sufficiente all’accoglimento del ricorso, il giudice, con estrema puntualità, ha analizzato anche gli altri motivi di impugnazione per completezza di motivazione.
In particolare, il principio che si può ricavare dalla presente decisione riguarda l’inapplicabilità delle sanzioni disciplinari a comportamenti tenuti dal lavoratore dipendente al di fuori dell’orario di lavoro. Afferma testualmente il giudice che: «l’estensione del potere disciplinare alla vita privata del lavoratore costituisce un fatto del tutto eccezionale che, salvo il controverso caso delle organizzazioni di tendenza, deve essere adeguatamente tipizzato dalla legge oppure dal codice disciplinare ex art. 7 Stat. Lav. […] oppure deve incidere addirittura sull’elemento fiduciario del rapporto, in modo tale da eliderlo». Nel caso di specie, sostiene il giudice, quanto descritto non è accaduto essendo erronea la deduzione dell’orchestra di aver applicato l’art. 17 del proprio statuto che vieta l’esercizio di una professione autonoma o altro impiego perché, implicando un’attività continuativa e remunerata, esulava dalla fattispecie concreta.
Il giudicante continua nella motivazione sostenendo che: «di regola, i comportamenti tenuti dal lavoratore nella vita privata, essendo estranei all’esecuzione della prestazione lavorativa, sono irrilevanti. Da ciò consegue che essi non possono avere alcuna influenza sul rapporto di lavoro. Più che una conquista della civiltà giuridica contemporanea, […], ciò costituisce null’altro che il corollario dei principi generali che vigono in materia di obbligazioni, ove il debitore – di regola – è tenuto unicamente ad eseguire la prestazione promessa e nulla più. Lo stesso accade nel rapporto di lavoro, nel quale il dipendente è tenuto esclusivamente ad eseguire la prestazione lavorativa secondo le modalità di tempo e di luogo previste nel contratto. Ogni altro comportamento che il debitore-lavoratore tenga al di fuori dell’orario di lavoro, di regola è intrinsecamente inidoneo a produrre effetti sul rapporto».
Nella fattispecie concreta, infatti, la partecipazione del lavoratore ad un flash mob, ferma l’eventuale responsabilità amministrativa del ricorrente per la violazione delle norme sanitarie (accertamento non rientrante nel presente giudizio), non può avere rilievo in ambito lavorativo, essendosi svolta durante la vita privata e il tempo libero del lavoratore. Tanto più che lo stesso si è debitamente sottoposto alle necessarie misure cautelative espressamente imposte dal suo datore di lavoro a seguito di tale evento.
Sulla base di questa articolata motivazione, quindi, il Tribunale ha accolto il ricorso e annullato il provvedimento disciplinare, condannando la Fondazione dell’Orchestra a restituire al ricorrente le somme trattenute oltre alle spese legali.