Nel caso di specie, l’amministratore delegato di una società pubblica, già convenuto unitamente alla società da un ex-dirigente della stessa, il quale lamentava di aver subito condotte di mobbing e di esser stato licenziato illegittimamente, chiamava in causa la propria compagnia assicurativa per vedersi rifondere le spese legali sostenute per difendersi (peraltro proficuamente ovvero ottenendo l’archiviazione) nel precedente giudizio innanzi alla Corte dei Conti.
Avendo rilevato che il danno derivante da illegittimo licenziamento e da condotte di mobbing non si connota precipuamente per i riflessi personali, come quelle elencate nelle condizioni di polizza (“è ritenuto danno patrimoniale ogni danno, che non sia danno alle persone (omicidio, lesioni personali o danno alla salute) né danno a cose (danneggiamento, distruzione o perdita di beni) e che non sia di derivazione di tali danni”), ma - anche e - soprattutto per quelli risarcitori, e quindi patrimoniali, ed essendo stato l’assicurato convenuto proprio in relazione a tali fatti, questo Giudice ha accertato l’obbligo della compagnia di assecondare la pretesa del proprio cliente e ha condannato di conseguenza.
Infatti, le spese sopportate per esercitare il proprio diritto di difesa, anche solamente per far dichiarare il proprio difetto di legittimazione passiva, rientravano nel campo di copertura tracciato dalla polizza per danni patrimoniali, la quale vincolava a tenere indenni “ le persone assicurate da tutti i costi ed onorari di procedure avanti Autorità giudiziaria o procedure arbitrali qualora gli assicurati vengano chiamati in giudizio per pretese di risarcimento di danni patrimoniali in forza di norme sulla responsabilità civile”.