Con le sentenze n. 562/2019 e n. 836/2019, il TAR Veneto affronta il problema dell’impugnazione dell’aggiudicazione negli appalti pubblici, eliminando ogni equivoco in merito alla determinazione del dies a quo per tale rimedio.
Nei due casi sottoposti all’attenzione del Tribunale, i ricorrenti vedevano dichiarati irricevibili i loro rispettivi ricorsi per tardività del loro esperimento. Entrambi, infatti, attivavano il giudice amministrativo individuando come giorno di decorrenza del termine di 30 giorni (ex art. 120, comma 5, c.p.a.) quello in cui essi avevano effettivamente avuto modo di fare l’accesso agli atti del procedimento al fine di esaminarli e farne valere gli eventuali vizi.
I giudici, tuttavia, in aderenza alla linea giurisprudenziale già a più riprese segnata dal Consiglio di Stato (cfr. ex multis Cons. di Stato, Sez. V, 13 marzo 2014, n. 1250 e Cons. di Stato, Sez. V, 7 novembre 2020, n. 5645), rilevavano che il dies a quo per l’impugnazione dell’aggiudicazione dell’appalto non coincide con il giorno a cui facevano riferimento i ricorrenti, ma quello della comunicazione fatta dalla P.A. ai sensi dell’art. 76 del d. lgs. n. 50/2016.
Tale comunicazione, pur contenendo solo gli elementi essenziali, sia rispetto al dispositivo, sia rispetto ai profili di lesività, è ritenuta sufficiente affinché il privato possa avere contezza della lesione subita e segna un momento temporale fondamentale per l’attivazione dei rimedi processuali: da essa decorre il predetto termine di 30 giorni previsto dal Codice del Processo Amministrativo, senza che vi siano ulteriori differimenti. Secondo quanto affermato dal Tribunale, e da tempo riconosciuto legittimo anche rispetto al diritto UE (Corte di Giustizia UE, Sez. V, 8 maggio 2014, C-161/13), ciò risponde all’esigenza di certezza del diritto: quel che conta, infatti, non è tanto la concreta possibilità del partecipante di rilevare e far valere sin dal principio tutti i vizi procedimentali, quanto l’esigenza che vi siano termini rigorosi e con scadenze predeterminabili per i procedimenti. Si produrrebbe, altrimenti, l’effetto di rendere “mobile” e imprevedibile sia il termine per ricorrere, sia quello di 35 giorni per la stipula del contratto (art. 32, comma 9, d. lgs. n. 50/2016), ledendo la generale esigenza di celerità delle gare pubbliche.
Per quel che concerne il possibile deficit di tutela per il privato, nelle decisioni è stata esclusa una tale eventualità ed è stato ricordato che lo strumento appositamente predisposto per far valere motivi di illegittimità ulteriori rispetto a quelli già ricavabili dalla notifica ex art. 76 d. lgs. n. 50/2016 esiste, ed è quello della proposizione di motivi aggiunti al ricorso.